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Avv. Pier Antonio Rossetti

Selezionato nella Guida 2022

“I Super Avvocati e Studi Legali” di

ASSOCIAZIONI SPORTIVE

REGOLE (E TUTELE) PER L’ESCLUSIONE DELL'ASSOCIATO

In questo articolo vediamo cosa prevede la legge, ma soprattutto cosa dice la Giurisprudenza sul tema, prendendo spunto da una recente sentenza del Tribunale di Bergamo (n. 282 dell’8 febbraio 2023)

In tema di associazioni sportive dilettantistiche, la sentenza del Tribunale di Bergamo (n. 282 dell’8 febbraio 2023) presta l’occasione per affrontare il delicato tema dell’esclusione dell’associato. 


Questo breve contributo si articola in due parti, oltre alle considerazioni conclusive: 

-       la prima che darà una panoramica delle norme e delle principali orientamenti giurisprudenziali;

-       la seconda che esaminerà le considerazioni del Tribunale di Bergamo (anche) in applicazione di tali principi.


 

1) L’ESCLUSIONE DELL’ASSOCIATO: COSA DICONO LEGGE E GIURISPRUDENZA


L’art. 24 cod. civ. recita:

“L'esclusione d'un associato non può essere deliberata dall'assemblea che per gravi motivi; l'associato può ricorrere all'autorità giudiziaria entro sei mesi dal giorno in cui gli è stata notificata la deliberazione”.


Da una prima lettura emerge quindi che l’esclusione:

-       viene deliberata dall’assemblea (ma anche dal consiglio direttivo come si vedrà);

-       deve essere fondata su “gravi motivi”;

-       deve essere impugnata direttamente davanti all’Autorità giudiziaria entro sei mesi dalla notifica della deliberazione.

Tale disciplina, apparentemente semplice, presenta dei punti sui quali riflettere. 

 

1a) LA DECISIONE SPETTA ALL’ASSEMBLEA O AL CONSIGLIO DIRETTIVO?

L’art. 24 cod. civ. fa riferimento all’assemblea quale organo competente, ma non è una norma inderogabile dalle parti.

Nell’ambito della propria autonomia contrattuale, con lo statuto associativo le parti possono attribuire tale competenza al consiglio direttivo, come affermato già da tempo dalla Giurisprudenza di merito:

La clausola statutaria dell'associazione non riconosciuta che attribuisca, ad un organo endoassociativo diverso dall'assemblea, il potere di esclusione dell'associato per una causa stabilita nello statuto stesso, costituisce espressione di autonomia contrattuale legittimamente derogativa, secondo quanto consentito dall'art. 36 c.c., del precetto recato dall'art. 24, terzo comma, c.c. che potrebbe, in ipotesi, trovare applicazione ove lo statuto nulla disponesse sul punto specifico (integrando così il contenuto del patto associativo), ma che di certo non costituisce norma imperativa, come tale non derogabile dall'autonomia dei privati”.

(Trib. Roma, III Sez. Civ., n. 12400/2010).

 

1b) L’ASSOCIAZIONE DEVE CONTESTARE I FATTI AGLI ASSOCIATI PRIMA DI ESCLUDERLI?

Anche in questo caso l’autonomia negoziale delle parti assume importanza fondamentale: se non è richiesto dallo statuto, non è necessario contestare l’addebito agli associati prima di deliberarne l’esclusione.

La validità di una delibera di esclusione dell'associato da una associazione, non presuppone necessariamente la preventiva contestazione dell'addebito all'associato, atteso che essa non è prevista da alcuna disposizione di legge (né, nella specie, dello statuto) e che la fase contenziosa non ha carattere preventivo, ma segue in sede di opposizione”.

(Corte di Cassazione, VI Sez. Civ., n. 22605/2021)

Nell’esplicitare tale posizione (non proprio garantista), la Suprema Corte si preoccupa tuttavia di affermare che è necessario soddisfare “l'esigenza di specificità della contestazione”, che ricorre quando “le indicazioni fornite consentano di individuare le ragioni dell'esclusione, così da porre l'associato in condizione di predisporre la difesa”.

Ebbene, questo aspetto risulterà decisivo nel caso che ci occupa.

 

1c) COSA DEVE VALUTARE IL GIUDICE IN MERITO AI "GRAVI MOTIVI”?

Si è visto che, secondo l’art. 24 c.c., l’esclusione può essere deliberata solo per “gravi motivi”. Sul punto la Giurisprudenza è intervenuta a delimitare il campo di indagine del Giudice.

“La norma dettata dall’art. 24 c.c. implica che il giudice davanti al quale sia proposta l'impugnazione della deliberazione di esclusione abbia il potere-dovere di valutare se si tratti di fatti gravi e non di scarsa importanza, cioè se si sia avverata in concreto una delle ipotesi previste dalla legge e dall'atto costitutivo per la risoluzione del singolo rapporto associativo, prescindendo dall'opportunità intrinseca della deliberazione stessa”

(Corte di Cassazione, Sez. I, n. 22986/2019)

E ancora:

Il vaglio giudiziario sulla legittimità della delibera di esclusione dell'associato non è limitato al rispetto delle regole procedurali al riguardo stabilite dalla legge o dall'atto costitutivo dell'ente, ma si estende anche alla verifica della legittimità sostanziale; di talché occorre stabilire se sussistono le condizioni legali e statutarie in presenza delle quali un siffatto provvedimento può essere legittimamente adottato. In assenza (come nel caso concreto) di uno specifico catalogo di ipotesi statutariamente predeterminate di esclusione, il controllo giudiziale si esprime attraverso una valutazione di proporzionalità tra le conseguenze del comportamento addebitato all'associato e l'entità della lesione da lui arrecata agli altrui interessi, da un lato, e la radicalità del provvedimento espulsivo, che definitivamente elide l'interesse del singolo a permanere nell'associazione, dall'altro”.

(Corte d’Appello Milano, Sez. I, n. 197/2017)

Sul punto quindi la Giurisprudenza è pacifica: il vaglio del Giudice ha come oggetto, oltre al rispetto delle norme procedurali, anche la valutazione sostanziale sulla “gravità” dei motivi, e di conseguenza l’esistenza e la prova delle presunte violazioni degli associati.

 

2) IL CASO IN OGGETTO E LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI BERGAMO

Anche il Tribunale di Bergamo, con la pronuncia in commento, si è espresso in modo analogo:

“Il perimetro del potere di apprezzamento del giudice in ordine alla gravità dei motivi che possono giustificare l’esclusione di un associato dipende dal contenuto delle previsioni dello statuto associativo. E invero, quando ricorrono formule generali ed elastiche il vaglio giurisdizionale implica forzatamente un giudizio di gravità di singoli atti o comportamenti, da operarsi necessariamente ex post”.

(Trib. Bergamo, Sentenza in commento, pag. 6)


Nel caso di specie, gli associati esclusi hanno impugnato la delibera sotto due profili:

-       sulla legittimità formale, per la loro mancata convocazione davanti al consiglio direttivo e/o all’assemblea e/o all’organo di garanzia previsto dallo statuto;

-       sulla legittimità sostanziale, per l’assenza di violazioni statutarie e per l’indeterminatezza/infondatezza dei “gravi motivi”.

 

2a) SULLA LEGITTIMITA’ FORMALE DELLA DELIBERA

Gli associati hanno lamentato la totale assenza di contraddittorio, in quanto non è stata data loro la possibilità di difendersi davanti all’assemblea, al consiglio direttivo e/o davanti all’organo di garanzia previsto dallo statuto dell’associazione.

Il Giudice del Tribunale di Bergamo ha ritenuto la delibera esente da vizi procedurali sotto tale profilo.

In primo luogo, per quanto attiene alla mancata convocazione davanti all’assemblea, ha affermato quanto segue:

“Non è quindi prevista alcuna convocazione dei soci di cui è stata deliberata l’esclusione dinanzi al Consiglio Direttivo dell’Associazione, né può essere lamentata dagli attori la mancata partecipazione all’Assemblea successiva alla loro espulsione, dato che gli stessi, a seguito della delibera di esclusione del Consiglio Direttivo, non rivestivano più la qualifica di soci e che non potevano evidentemente esprimere il loro voto in ordine alla ratifica della loro stessa esclusione”. 

Il Tribunale di Bergamo, oltre a non ritenere necessaria una preventiva audizione dei soci, ha attribuito immediata efficacia alla delibera di esclusione pronunciata dal consiglio direttivo, in quanto lo statuto prevedeva la necessità di una ratifica da parte dell’assemblea. In tal modo, il Giudice giustifica la mancata convocazione dei soci alla successiva assemblea che ha ratificato l’esclusione, sostenendo che già non erano più soci e che quindi non avevano più diritto ad essere convocati. Ancora una volta viene esaltata l’autonomia negoziale delle parti che, con lo statuto, hanno derogato alla competenza dell’assemblea prevista dall’art. 24 cod. civ.

 

In secondo luogo, per quanto attiene alla mancata convocazione degli associati davanti all’organo interno di garanzia, il Tribunale di Bergamo ha affermato:

“… ai sensi sia dell’art. 4 dell’atto costitutivo, sia dell’art. 3 dello Statuto dell’Associazione – laddove viene “comunque garantito il contraddittorio di fronte a un organo interno di garanzia, oltre al diritto di un ricorso al giudice ordinario entro 6 mesi” – è onere degli stessi soci espulsi esercitare il diritto di ricorrere all’organo di garanzia ovvero dinanzi al giudice ordinario”.

Vale a dire che il “nebuloso” organo di garanzia doveva essere adito direttamente dagli associati esclusi: è curioso, perché si trattava di un organo mai costituito dall’associazione.

 

A parere di chi scrive, entrambe le considerazioni del Giudice bergamasco non tutelano adeguatamente il diritto al contraddittorio. Qualunque socio potrebbe essere escluso con una semplice delibera del consiglio direttivo (costituito da un numero limitato di associati) senza neppure essere ascoltato dall’assemblea e/o dall’organo interno di garanzia previsto dalla statuto.

In tal modo, da un punto di vista pratico, si scarica sull’associato (magari ingiustamente escluso) l’onere di attivare le costose procedure giudiziarie, portando spesso ad una rassegnata accettazione della decisione assembleare, con buona pace del diritto di associazione costituzionalmente garantito.

 

Tuttavia, un’ulteriore eccezione sollevata dagli associati si è rivelata decisiva nel caso che ci occupa.

Ebbene, è stata rilevata la mancata corrispondenza tra i motivi addebitati dal comitato direttivo con quelli ratificati dall’assemblea, e anche con quelli comunicati ai soci con una precedente missiva: l’associazione ha indicato motivi di esclusione sempre differenti, impedendo agli associati di comprendere le reali ragioni dell’esclusione senza potersi trovare “in condizione di predisporre la difesa” (come richiesto dalla citata sentenza della Corte di Cassazione, VI Sez. Civ., n. 22605/2021).

 

2b) L’INVALIDITA’ SOSTANZIALE DELLA DELIBERA: ASSENZA DEI GRAVI MOTIVI

Anche l’esame sostanziale dei singoli motivi di esclusione ha portato all’affermazione dell’invalidità della delibera di esclusione.

Nell’effettuare l’indagine di merito di cui si è detto in precedenza, il Giudice ha correttamente individuato gli obiettivi della propria indagine:

“Il perimetro del potere di apprezzamento del giudice in ordine alla gravità dei motivi che possono giustificare l’esclusione di un associato dipende dal contenuto delle previsioni dello statuto associativo. E invero, quando ricorrono formule generali ed elastiche il vaglio giurisdizionale implica forzatamente un giudizio di gravità di singoli atti o comportamenti, da operarsi necessariamente ex post”.

Il Giudice si è correttamente preoccupato di accertare se i fatti contestati costituissero violazioni delle norme statutarie, oppure fatti talmente gravi da giustificare l’esclusione dei soci:

“Quanto poi alla sostanza delle ragioni fondanti l’esclusione degli odierni attori, deve osservarsi che le contestazioni elevate appaiono, da un lato, infondate in quanto non concretizzano effettive violazioni delle norme statutarie e regolamentari per come sopra richiamate e, dall’altro, comunque prive di adeguato supporto probatorio, non avendo parte convenuta articolato istanze di prova efficacemente in grado di dimostrare i fatti addebitati agli odierni attori (tenuto peraltro conto della generica formulazione dei capitoli di prova con riguardo all’arco temporale delle condotte contestate).

Sulla base di tali considerazioni, il Tribunale di Bergamo ha accolto la domanda giudiziale e ha annullato la delibera di esclusione

 

3) CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

In merito all’esclusione del socio (o meglio “associato”) registriamo un orientamento della giurisprudenza (sia di legittimità che di merito) non proprio garantista.

Si è visto come l'associato potrebbe essere escluso senza una preventiva contestazione degli addebiti e senza una formale audizione. Le sue possibilità di difesa sono “rimandate” alla successiva fase giudiziale.

Viene riconosciuto almeno quel diritto indispensabile di comprendere chiaramente quali siano i fatti contestati, ossia le presunte violazioni dello statuto e/o i “gravi motivi” che giustificherebbero l’esclusione, al fine di consentire alle parti di apprestare una valida difesa e al Giudice di indagare sulla ricorrenza dei presupposti per l’esclusione.

Trattasi di una indispensabile tutela per garantire il diritto di difesa, ma anche l’attuazione della libertà di associazione costituzionalmente garantita.


Pier Antonio Rossetti

Avvocato in Milano - Coordinatore Regionale per la Lombardia di AIAS

Associazione Italiana Avvocati dello Sport

 

Pier Antonio è Coordinatore Regionale per la Lombardia dell’Associazione Italiana Avvocati dello Sport e membro della Commissione di Diritto Sportivo dell’Ordine degli Avvocati di Milano.

Selezionato da Milano Finanza nella guida “I Super Avvocati e i Super Studi Legali Corporate 2022" nella practice Sports Law.

Relatore  in convegni e autore di pubblicazioni.


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