Società Sportiva Dilettantistica solo sulla carta? Rischia il reato di omessa dichiarazione se fa attività commerciale


Corte di Cassazione Penale, III Sez.

n. 38880 del 22 ottobre 2024


Il caso

Il rappresentante legale e amministratore unico di una società sportiva dilettantistica a r.l., società assimilata a una società commerciale, al fine di evadere l'imposta sul valore aggiunto, non presentava, essendovi obbligato, la dichiarazione annuale IVA, evasa per circa 60.000 euro.

Diversamente dalla veste formale assunta, la società non aveva esercitato le attività istituzionali previste dallo statuto (tra cui la promozione e la diffusione dell'attività sportiva dilettantistica, la predisposizione di corsi per l'avvio o l'educazione allo sport, la partecipazione e l'organizzazione di gare, tornei, campionati o competizioni sportive), ma svolgeva un'attività commerciale secondo quanto è emerso nel corso del processo.

Ecco i principi enunciati dalla Corte di Cassazione


La Corte di Cassazione ha affermato quanto segue:

“L'art. 90 L. 27 dicembre 2002, n. 289, prevede che le disposizioni della legge n. 398 del 1991 e successive modificazioni, nonché le altre disposizioni tributarie riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche, si applicano alle società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali senza fine di lucro, a meno che, al di là della veste formale, queste ultime svolgano in concreto attività commerciale avente scopo lucrativo; invero, come condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza civile di questa Corte, le esenzioni d'imposta a favore delle associazioni non lucrative dipendono non dalla veste giuridica assunta dall'associazione, bensì dall'effettivo esercizio di un'attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sull'interessato, sicché, l'agevolazione fiscale non spetta in base al solo dato formale bensì per l'effettivo svolgimento dell'attività considerata (Sez. L, n. 11492 del 30/04/2019, Rv. 653745; Sez. 6, 5, n. 10393 del 30/04/2018, Rv. 647995)” 




Vale a dire che non conta la qualifica della società sulla carta, ma conta l'attività effettivamente esercitata.




Alla luce di tale considerazione, la Cassazione ha confermato la sentenza di condanna:


"La Corte territoriale ha correttamente desunto che, ferma restando l'attività svolta, ossia la gestione di una palestra, la mutata veste giuridica assunta dalla società non aveva altro scopo che quella di accedere, indebitamente, al regime fiscale più vantaggioso previsto per le società sportive dilettantistiche, e, quindi, di evadere il pagamento delle imposte dovute, ciò che, appunto, integra il dolo specifico previsto dalla fattispecie in esame."





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